Ciao Tripy,
stai per nascere… ed è arrivato il momento degli ultimi ragguagli.
Verrai alla luce fra le braccia di una coreografica ma non per questo meno professionale ginecologa, con le origini e una parlata tipicamente argentina.
Ad assistere lei e me, ci sarà una non meno coreografica ostetrica, che sembra uscita da un film di Fellini.
Poi ci sarà tuo padre, finalmente lo vedrai! Potrai riconoscerlo dai capelli brizzolati e dalla caratteristica fossetta sul mento, quella che dovresti avere anche tu… Qualora indossasse cuffietta e mascherina, e tu non riuscissi a vedere né i capelli né tantomeno la fossetta, potrai riconoscerlo e capire che è proprio lui, cercando il “dettaglio vicentino”, sciarpa o maglietta che sicuramente avrà nascosto da qualche parte!
Poi ci sarò io, sicuramente non nella mia forma migliore… ma sono certa che riuscirai a riconoscermi.
Probabilmente ci saranno altre persone, ma l’importante è che tu riconosca subito in tuo padre e in me i tuoi punti di riferimento.
A questo punto direi che il nostro viaggio insieme è giunto proprio al termine e questo blog che ci ha tenute compagnia per tutte queste settimane finisce qui.
A presto Alice…
venerdì 8 ottobre 2010
giovedì 7 ottobre 2010
Conto alla rovescia
Conto alla rovescia
h. 8.45
A circa 24 ore dalla tua nascita ho deciso di scrivere questo post che pubblicherò solo dopo che sarai già nata. È iniziato il conto alla rovescia, ma non dei mesi, delle settimane o dei giorni… bensì quello delle ore. Domani a quest’ora, probabilmente sarai già nata e forse sarai comodamente appollaiata fra le braccia di tuo padre.
Ammetto che un po’ mi fai invidia… quelle braccia che negli ultimi anni sono stati (credo e spero) solo proprietà privata mia, ora diventano anche un po’ tue… Del resto mi sa che non ho molte alternative e mi devo rassegnare.
Ho appena sentito tua nonna che come ogni mattina mi ha aggiornata sulle terribili “tragedie” che la assillano quotidianamente, (il parcheggio che lei non usa ma che qualcun altro le occupa, l’aria condizionata che a fine estate smette di funzionare e cose di questo genere), e devo dire che mi ha fatto uno strano effetto pensare che domani, quando ci sentiremo, anche se lei ancora non lo sa, lei sarà nonna ed io sarò già madre…
Saranno lunghe queste 24 ore Tripy… Ho il fondato sospetto che saranno eterne!
h. 16:00
Io sono pronta Tripy.
Ci siamo, il grande evento è arrivato.
Heidi è appena andata via.
Non resta che aspettare papino che fra un po’ viene a prenderci.
Non c’è più tempo nemmeno per le domande.
Ora posso solo vivere questo momento così come viene.
h. 20:50
Eccoci in clinica.
Appena entrati in camera ho visto il fasciatoio per te e subito mi è venuto il magone.
Ora siamo qui, papino ed io, che aspettiamo solo che arrivi domattina e che tu nasca.
Sono in uno strano stato confusionale.
Agitazione, ansia e preoccupazione si mescolano insieme in uno strano mix pericoloso.
Papà simula bene la sua tensione e finge di essere più tranquillo di me.
Io sto cercando di non pensare… ma non ci riesco.
h. 8.45
A circa 24 ore dalla tua nascita ho deciso di scrivere questo post che pubblicherò solo dopo che sarai già nata. È iniziato il conto alla rovescia, ma non dei mesi, delle settimane o dei giorni… bensì quello delle ore. Domani a quest’ora, probabilmente sarai già nata e forse sarai comodamente appollaiata fra le braccia di tuo padre.
Ammetto che un po’ mi fai invidia… quelle braccia che negli ultimi anni sono stati (credo e spero) solo proprietà privata mia, ora diventano anche un po’ tue… Del resto mi sa che non ho molte alternative e mi devo rassegnare.
Ho appena sentito tua nonna che come ogni mattina mi ha aggiornata sulle terribili “tragedie” che la assillano quotidianamente, (il parcheggio che lei non usa ma che qualcun altro le occupa, l’aria condizionata che a fine estate smette di funzionare e cose di questo genere), e devo dire che mi ha fatto uno strano effetto pensare che domani, quando ci sentiremo, anche se lei ancora non lo sa, lei sarà nonna ed io sarò già madre…
Saranno lunghe queste 24 ore Tripy… Ho il fondato sospetto che saranno eterne!
h. 16:00
Io sono pronta Tripy.
Ci siamo, il grande evento è arrivato.
Heidi è appena andata via.
Non resta che aspettare papino che fra un po’ viene a prenderci.
Non c’è più tempo nemmeno per le domande.
Ora posso solo vivere questo momento così come viene.
h. 20:50
Eccoci in clinica.
Appena entrati in camera ho visto il fasciatoio per te e subito mi è venuto il magone.
Ora siamo qui, papino ed io, che aspettiamo solo che arrivi domattina e che tu nasca.
Sono in uno strano stato confusionale.
Agitazione, ansia e preoccupazione si mescolano insieme in uno strano mix pericoloso.
Papà simula bene la sua tensione e finge di essere più tranquillo di me.
Io sto cercando di non pensare… ma non ci riesco.
Quando la coppia scoppia e…
(Scommetto che chi legge sta pensando male…)
Quando la coppia scoppia e… si trasforma in una famiglia, niente resta uguale a prima, tutto cambia. E tu Tripy sai bene quale sia il modo in cui io viva il cambiamento, come lo subisca e quanto sia difficile per me riuscire a metabolizzarlo. È stato più volte oggetto di discussione in queste settimane che tu ed io abbiamo condiviso, contemporaneamente protette ma intrappolate nello stesso corpo.
Da quando stiamo insieme tuo padre ed io abbiamo vissuto la perfetta vita di coppia: viaggi, vacanze, week end, gite, cinema, concerti, spettacoli teatrali, ristoranti… non ci siamo fatti mancare proprio niente! E non posso certo dimenticare le nostre impagabili serate abbracciati insieme sul divano o i nostri fine settimana pantofolai, entrambe cose alle quali non avrei rinunciato per nulla al mondo.
Alcuni di questi momenti sono stati vissuti insieme agli amici, ma più spesso da soli lui ed io, per godere pienamente della reciproca compagnia, perché per stare bene non era fondamentale nessun altro elemento aggiuntivo.
Così abbiamo imparato a conoscerci e ad amarci, così abbiamo superato i nostri traumi e le nostre paure, così abbiamo costruito il nostro stile di vita insieme.
Poi un giorno abbiamo deciso di adottare un cane, a dire il vero sono quasi certa che papino abbia deciso di adottarlo soprattutto per me, ma questo ormai non fa nessuna differenza. È così che in una calda serata di luglio di un paio di anni fa, Heidi è entrata nelle nostre vite. Una tenera cucciola di cui prendersi cura, da educare, crescere, amare e proteggere: per noi una vera e propria palestra, la prima vera responsabilità presa insieme. Non potevamo più uscire alle nove di un sabato mattina per andare a fare la spesa e rientrare solo alle due di notte, perché nel frattempo ci era venuta l’irrefrenabile voglia di fare una passeggiata a Firenze. Non dovevamo più decidere, organizzarci e preoccuparci solo per noi: ora c’era anche lei da tenere in considerazione.
L’avevo desiderata tanto, ma dopo due giorni dal suo arrivo e due notti passate a fare i turni per consolarla, ammetto che ero nel panico più totale.
Mi tormentavo e mi domandavo con una certa insistenza, se adottarla fosse stata davvero una scelta meditata e presa con consapevolezza o piuttosto legata ad un impulso , senza aver riflettuto abbastanza, senza aver valutato attentamente i pro e i contro a cui tuo padre ed io, stavamo inevitabilmente andando incontro.
Mentre cercavo di capire, mi scoprivo a guardarla che trotterellava incerta verso di me e la sua camminata buffa mi faceva sorridere.
A volte era un tenero batuffolino nero, tutto peli, occhi e zampe, ma improvvisamente riusciva a trasformarsi in uno spaventoso e famelico mostro, in grado di inghiottire in un istante e in un solo boccone le nostre vite, le nostre abitudini, le nostre vite ed i nostri equilibri. Una parte di me sapeva di non poter già più fare a meno della sua presenza vivace e invadente ma l’altra continuava a temerla e guardarla con occhi spaventati e preoccupati.
E mentre noi lentamente e inconsapevolmente ci abituavamo a questa nuova realtà, Heidi cresceva, dimostrando ogni giorno il suo carattere dolce e prendendosi i suoi fondamentali spazi. Oggi, dopo oltre due anni di vita in comune, non posso pensare a come sarebbe senza di lei e quasi non ricordo com’era prima di lei. Certo, è un’innegabile impegno, ma quello che mi ha dato non ha valore e non ha prezzo.
Scommetto che ti starai domandando perché ti ho raccontato questa storia Tripy. Ma, forse per dirti qualcosa in più di noi e forse anche per spiegarti che oggi, alle soglie della tua nascita, mi ritrovo a farmi le stesse domande, naturalmente amplificate, che mi facevo dopo l’arrivo di Heidi e anche i timori e le paure non sono cambiati, sono solo più grandi, perché tu sei la “cosa” più grande che ci sia capitata.
Dopo aver fatto le prove generali con Heidi, solo con il tuo arrivo la nostra coppia “scoppierà” e si trasformerà definitivamente in una famiglia, e come mi ha detto papino ieri sera, cercando di farmi vivere più serenamente questi momenti, una famiglia e ciò in cui naturalmente si trasforma una coppia.
Quando la coppia scoppia e… si trasforma in una famiglia, niente resta uguale a prima, tutto cambia. E tu Tripy sai bene quale sia il modo in cui io viva il cambiamento, come lo subisca e quanto sia difficile per me riuscire a metabolizzarlo. È stato più volte oggetto di discussione in queste settimane che tu ed io abbiamo condiviso, contemporaneamente protette ma intrappolate nello stesso corpo.
Da quando stiamo insieme tuo padre ed io abbiamo vissuto la perfetta vita di coppia: viaggi, vacanze, week end, gite, cinema, concerti, spettacoli teatrali, ristoranti… non ci siamo fatti mancare proprio niente! E non posso certo dimenticare le nostre impagabili serate abbracciati insieme sul divano o i nostri fine settimana pantofolai, entrambe cose alle quali non avrei rinunciato per nulla al mondo.
Alcuni di questi momenti sono stati vissuti insieme agli amici, ma più spesso da soli lui ed io, per godere pienamente della reciproca compagnia, perché per stare bene non era fondamentale nessun altro elemento aggiuntivo.
Così abbiamo imparato a conoscerci e ad amarci, così abbiamo superato i nostri traumi e le nostre paure, così abbiamo costruito il nostro stile di vita insieme.
Poi un giorno abbiamo deciso di adottare un cane, a dire il vero sono quasi certa che papino abbia deciso di adottarlo soprattutto per me, ma questo ormai non fa nessuna differenza. È così che in una calda serata di luglio di un paio di anni fa, Heidi è entrata nelle nostre vite. Una tenera cucciola di cui prendersi cura, da educare, crescere, amare e proteggere: per noi una vera e propria palestra, la prima vera responsabilità presa insieme. Non potevamo più uscire alle nove di un sabato mattina per andare a fare la spesa e rientrare solo alle due di notte, perché nel frattempo ci era venuta l’irrefrenabile voglia di fare una passeggiata a Firenze. Non dovevamo più decidere, organizzarci e preoccuparci solo per noi: ora c’era anche lei da tenere in considerazione.
L’avevo desiderata tanto, ma dopo due giorni dal suo arrivo e due notti passate a fare i turni per consolarla, ammetto che ero nel panico più totale.
Mi tormentavo e mi domandavo con una certa insistenza, se adottarla fosse stata davvero una scelta meditata e presa con consapevolezza o piuttosto legata ad un impulso , senza aver riflettuto abbastanza, senza aver valutato attentamente i pro e i contro a cui tuo padre ed io, stavamo inevitabilmente andando incontro.
Mentre cercavo di capire, mi scoprivo a guardarla che trotterellava incerta verso di me e la sua camminata buffa mi faceva sorridere.
A volte era un tenero batuffolino nero, tutto peli, occhi e zampe, ma improvvisamente riusciva a trasformarsi in uno spaventoso e famelico mostro, in grado di inghiottire in un istante e in un solo boccone le nostre vite, le nostre abitudini, le nostre vite ed i nostri equilibri. Una parte di me sapeva di non poter già più fare a meno della sua presenza vivace e invadente ma l’altra continuava a temerla e guardarla con occhi spaventati e preoccupati.
E mentre noi lentamente e inconsapevolmente ci abituavamo a questa nuova realtà, Heidi cresceva, dimostrando ogni giorno il suo carattere dolce e prendendosi i suoi fondamentali spazi. Oggi, dopo oltre due anni di vita in comune, non posso pensare a come sarebbe senza di lei e quasi non ricordo com’era prima di lei. Certo, è un’innegabile impegno, ma quello che mi ha dato non ha valore e non ha prezzo.
Scommetto che ti starai domandando perché ti ho raccontato questa storia Tripy. Ma, forse per dirti qualcosa in più di noi e forse anche per spiegarti che oggi, alle soglie della tua nascita, mi ritrovo a farmi le stesse domande, naturalmente amplificate, che mi facevo dopo l’arrivo di Heidi e anche i timori e le paure non sono cambiati, sono solo più grandi, perché tu sei la “cosa” più grande che ci sia capitata.
Dopo aver fatto le prove generali con Heidi, solo con il tuo arrivo la nostra coppia “scoppierà” e si trasformerà definitivamente in una famiglia, e come mi ha detto papino ieri sera, cercando di farmi vivere più serenamente questi momenti, una famiglia e ciò in cui naturalmente si trasforma una coppia.
mercoledì 6 ottobre 2010
Che famiglia è se tu non ci sei?
Come ti ho già detto, oggi ho perso le parole.
Improvvisamente non riesco a dirti ciò che mi passa per la mente, non so nemmeno io quello che provo.
Ma la voglia di scriverti è tanta, così ho cercato nelle vecchie cose che avevo sul p.c. ed ho trovato questa specie di poesia che avevo scritto il 18 agosto del 2009, in una serata in cui evidentemente il mio desiderio di maternità era più schiacciante del solito.
Che famiglia è se tu non ci sei?
È come la frutta fuori stagione:
non ha i colori vivi e le manca il vero sapore.
Che famiglia è se tu non ci sei?
È come il mare d’inverno:
romantico e più tranquillo ma anche un po’ triste e solitario.
Che famiglia è se tu non ci sei?
È come un armadio senza cassetti:
di certo più elegante ma privo di un elemento fondamentale.
Che famiglia è se tu non ci sei?
Ma è famiglia se tu non ci sei?
Ecco, questo pensiero scritto tanto tempo fa, riletto ora, a distanza di oltre un anno, a pochi giorni dalla tua nascita, quando la tua presenza è quasi una realtà, ha un sapore completamente diverso.
Ti ho desiderato tanto e ti voglio bene Tripy, ma ora che stai per arrivare ammetto che la paura che mi fai è più grande di qualsiasi altro sentimento.
Improvvisamente non riesco a dirti ciò che mi passa per la mente, non so nemmeno io quello che provo.
Ma la voglia di scriverti è tanta, così ho cercato nelle vecchie cose che avevo sul p.c. ed ho trovato questa specie di poesia che avevo scritto il 18 agosto del 2009, in una serata in cui evidentemente il mio desiderio di maternità era più schiacciante del solito.
Che famiglia è se tu non ci sei?
È come la frutta fuori stagione:
non ha i colori vivi e le manca il vero sapore.
Che famiglia è se tu non ci sei?
È come il mare d’inverno:
romantico e più tranquillo ma anche un po’ triste e solitario.
Che famiglia è se tu non ci sei?
È come un armadio senza cassetti:
di certo più elegante ma privo di un elemento fondamentale.
Che famiglia è se tu non ci sei?
Ma è famiglia se tu non ci sei?
Ecco, questo pensiero scritto tanto tempo fa, riletto ora, a distanza di oltre un anno, a pochi giorni dalla tua nascita, quando la tua presenza è quasi una realtà, ha un sapore completamente diverso.
Ti ho desiderato tanto e ti voglio bene Tripy, ma ora che stai per arrivare ammetto che la paura che mi fai è più grande di qualsiasi altro sentimento.
È proprio lui: il blocco dello scrittore!
Eccolo è arrivato, non lo conosco ma lo riconosco: il blocco dello scrittore!
Alle soglie della tua nascita, dopo oltre 400 post(s), dopo quasi 38 settimane passate insieme, dopo aver desiderato per una vita di diventare madre, dopo infiniti alti e bassi… ho finito le parole, anche quelle scritte!
Il grande momento è vicino, tu stai per arrivare Tripy, fra pochi giorni io sarò madre e le nostre vite, la mia e quella di tuo padre, stanno per essere stravolte dalla tua presenza.
Ho paura.
Non posso farne a meno, sono totalmente preda e vittima dell’ansia, che mi toglie il sonno e l’appetito… e ora anche le parole...
Alle soglie della tua nascita, dopo oltre 400 post(s), dopo quasi 38 settimane passate insieme, dopo aver desiderato per una vita di diventare madre, dopo infiniti alti e bassi… ho finito le parole, anche quelle scritte!
Il grande momento è vicino, tu stai per arrivare Tripy, fra pochi giorni io sarò madre e le nostre vite, la mia e quella di tuo padre, stanno per essere stravolte dalla tua presenza.
Ho paura.
Non posso farne a meno, sono totalmente preda e vittima dell’ansia, che mi toglie il sonno e l’appetito… e ora anche le parole...
martedì 5 ottobre 2010
La mamma che vedrai
Ciao Tripy,
vediamo se dopo il post serioso è un po’ triste su tuo nonno, riesco a farti sorridere con qualcosa di più leggero.
La mamma che vedrai ha i capelli lisci, biondi, appena sulle spalle. La tua mamma di solito ha i capelli mossi, un po’ meno biondi e decisamente oltre le spalle. (un po’ meno leccata e molto più arruffata di come la vedrai tu…).
La mamma che vedrai ha fatto, sta facendo e farà per te cose impensabili.
Ha trovato (chissà poi dove…), un coraggio e uno spirito di sopportazione del quale non pensava di essere dotata.
Ha buttato via il suo profondo e innato senso del pudore (ma è certa che questo poi lo recupererà…).
È riuscita a non mangiare per ben nove mesi prosciutto crudo, salame, salamella & company, quando prima era difficile per lei, non cadere in tentazione anche solo per 9 ore…
Riuscirà a resistere (ma ci riuscirà poi davvero?) a 4 giorni di ricovero, che per lei equivalgono a 4 giorni di carcere.
Ha imparato a tenere per se stessa e a non dire alla nonna, soprattutto le cose importanti che ti riguardano.
Ha scoperto che è possibile riaddormentarsi dopo uno o più risvegli notturni (non sempre questo è possibile però…).
Hai visto Tripy quante cose è riuscita a imparare e a fare la tua mamma?
Sappi però che ce ne sono altre mille che non ha fatto e non sa se riuscirà mai a fare, nemmeno per te. Per esempio…
Non ha smesso di bere un litro di latte al giorno.
Non ha smesso di considerare la frutta come un cibo per gli altri.
Non ha smesso di pensare che la sua pancia ora gonfia e poi a soufflé sarà l’inizio della fine.
Mi sembra evidente, dopo questa ultima affermazione che non ha nemmeno smesso di essere un’inguaribile pessimista…
Come dici? Ah, te n’eri già accorta…
vediamo se dopo il post serioso è un po’ triste su tuo nonno, riesco a farti sorridere con qualcosa di più leggero.
La mamma che vedrai ha i capelli lisci, biondi, appena sulle spalle. La tua mamma di solito ha i capelli mossi, un po’ meno biondi e decisamente oltre le spalle. (un po’ meno leccata e molto più arruffata di come la vedrai tu…).
La mamma che vedrai ha fatto, sta facendo e farà per te cose impensabili.
Ha trovato (chissà poi dove…), un coraggio e uno spirito di sopportazione del quale non pensava di essere dotata.
Ha buttato via il suo profondo e innato senso del pudore (ma è certa che questo poi lo recupererà…).
È riuscita a non mangiare per ben nove mesi prosciutto crudo, salame, salamella & company, quando prima era difficile per lei, non cadere in tentazione anche solo per 9 ore…
Riuscirà a resistere (ma ci riuscirà poi davvero?) a 4 giorni di ricovero, che per lei equivalgono a 4 giorni di carcere.
Ha imparato a tenere per se stessa e a non dire alla nonna, soprattutto le cose importanti che ti riguardano.
Ha scoperto che è possibile riaddormentarsi dopo uno o più risvegli notturni (non sempre questo è possibile però…).
Hai visto Tripy quante cose è riuscita a imparare e a fare la tua mamma?
Sappi però che ce ne sono altre mille che non ha fatto e non sa se riuscirà mai a fare, nemmeno per te. Per esempio…
Non ha smesso di bere un litro di latte al giorno.
Non ha smesso di considerare la frutta come un cibo per gli altri.
Non ha smesso di pensare che la sua pancia ora gonfia e poi a soufflé sarà l’inizio della fine.
Mi sembra evidente, dopo questa ultima affermazione che non ha nemmeno smesso di essere un’inguaribile pessimista…
Come dici? Ah, te n’eri già accorta…
Un padre che non è il tuo
Ciao Tripy,
in questi lungo viaggio che abbiamo fatto insieme ti ho spesso parlato di tua nonna, nonché mia madre. Mi sono sfogata, ti ho raccontato tante cose di lei e del nostro rapporto, di come è cambiato negli anni e di come è oggi. Credo che il rapporto madre/figlia sia una delle cose più complicate da gestire.
Oggi però, vorrei parlarti di tuo nonno, ovvero, di mio padre.
Mio padre è stato un grande padre, molto presente, affettuoso e premuroso, estremamente rassicurante, giocoso ma allo stesso tempo serio e affidabile…
Se ripenso a quando ero piccola il ricordo che ho di lui è davvero invidiabile.
Lo amavo, come solo una figlia femmina sa amare suo padre, e la mattina, unico momento in cui avevo il permesso di intrufolarmi nel lettone, mentre mia madre preparava il caffè, per il solo fatto di essere da sola con lui, mi sentivo onnipotente: lui era il mio principe ed io la sua unica incontrastata principessa.
Sono cresciuta con lui accanto e questo mi ha sempre dato un’incredibile e profondo senso di sicurezza.
Per lui ero la figlia preferita, purtroppo non lo ha mai nascosto, ero il suo soldatino obbediente, che rispettava le sue regole e non si poneva domande: lui decideva io eseguivo.
Poi però, com’è naturale, ho continuato a crescere e sono diventata una donna adulta e ho sentito la necessità di fare le mie scelte, non sempre in accordo con le sue, ho provato a volare con le mie ali, ho voluto costruire una mia famiglia… e lui, deluso forse dal mio “tradimento”, quando ha capito che non mi bastava più, si è sentito ferito, allontanato, rifiutato, e si è chiuso nel suo guscio.
Quando ho conosciuto tuo padre e quando mi sono trasferita a vivere con lui, a 60 kilometri dalla città dove vivevo prima, mio padre all’inizio ne è stato felice, non tanto per lui quanto per me, per la gioia che vedeva finalmente nei miei occhi. Ma poi con il tempo, ha fatto capolino in lui la consapevolezza che non sarei stata il bastone della loro vecchiaia, cosa che mi era sempre stata ripetuta per ogni giorno della mia vita, fin da quando ero ancora una bambina innocente, che non poteva comprendere il significato pesante di quelle parole. A poco a poco il suo atteggiamento è cambiato e lui ha cominciato a subire il distacco rendendosi conto ogni giorno un po’ di più, che lui e mia madre, non potevano più essere al centro della mia vita, come invece erano sempre stati e questo pensiero si è insinuato fra di noi, come un potente veleno.
Giorno dopo giorno, inconsciamente credo che una parte di lui abbia cominciato a sperare che quell’uomo, tuo padre, non mi rendesse più così felice, perché in quel caso io sarei stata di nuovo il suo soldatino obbediente e sarei tornata a vivere con loro, nella loro casa e tutto, secondo lui, sarebbe potuto essere come prima.
Ma tuo padre Tripy mi ha sempre resa felice… e per me ora “casa” ha un solo significato: è quella dove viviamo e dove presto vivrai anche tu.
Da quando sono andata via tuo nonno Tripy si è lasciato andare ed ha cominciato a invecchiare alla velocità della luce: e stato come se la mia presenza avesse rallentato il naturale processo di invecchiamento. Io ho assistito impotente al lento degenerare della vita, triste ma consapevole, che non potevo fare nulla per fermare l’inesorabile avanzamento del tempo.
Un po’ alla volta lui è cambiato, si è trasformato nell’uomo che conoscerai e che sarà tuo nonno Tripy, ma che io stento a riconoscere in quello che era mio padre.
Il nostro rapporto non è nemmeno l’ombra di quello che era: non c’è dialogo e ad essere realisti non c’è nemmeno un vero e proprio rapporto e questo mi dispiace profondamente.
Oggi sento la sua rabbia nei miei confronti e nei confronti dell’uomo che, dal suo punto di vista, mi ha portata via… vivo il suo allontanamento, vedo la sua chiusura nei miei confronti e ne sono dispiaciuta.
Vorrei poter fare qualcosa, ho provato a scrivergli una lettera, spiegandogli che avevo ancora bisogno di lui, che avrei tante cose da dirgli, ma non è servito a niente e niente è cambiato.
Oggi nei suoi occhi stanchi, vedo solo tanta stanchezza e forse anche la rassegnazione per aver condiviso la sua vita con una donna che lui ha amato molto, ma che era molto, forse troppo, diversa da lui per poterlo rendere felice, e che nel tempo è riuscita a spegnere anche la sua vena creativa, la sua vitalità e la sua energia.
Non ho deciso di dirti queste cose per rattristarti Tripy, ma solo perché vorrei che tu sapessi che il nonno che conoscerai non è il padre che ho avuto io e che avrei voluto tu avessi per nonno.
Vorrei che tu non dimenticassi mai che dietro a quell’uomo anziano, stanco, ferito e deluso, una volta c’era un grande uomo, che come tutti ha commesso degli errori, ma che è sempre stato mosso dal desiderio di renderci felici.
in questi lungo viaggio che abbiamo fatto insieme ti ho spesso parlato di tua nonna, nonché mia madre. Mi sono sfogata, ti ho raccontato tante cose di lei e del nostro rapporto, di come è cambiato negli anni e di come è oggi. Credo che il rapporto madre/figlia sia una delle cose più complicate da gestire.
Oggi però, vorrei parlarti di tuo nonno, ovvero, di mio padre.
Mio padre è stato un grande padre, molto presente, affettuoso e premuroso, estremamente rassicurante, giocoso ma allo stesso tempo serio e affidabile…
Se ripenso a quando ero piccola il ricordo che ho di lui è davvero invidiabile.
Lo amavo, come solo una figlia femmina sa amare suo padre, e la mattina, unico momento in cui avevo il permesso di intrufolarmi nel lettone, mentre mia madre preparava il caffè, per il solo fatto di essere da sola con lui, mi sentivo onnipotente: lui era il mio principe ed io la sua unica incontrastata principessa.
Sono cresciuta con lui accanto e questo mi ha sempre dato un’incredibile e profondo senso di sicurezza.
Per lui ero la figlia preferita, purtroppo non lo ha mai nascosto, ero il suo soldatino obbediente, che rispettava le sue regole e non si poneva domande: lui decideva io eseguivo.
Poi però, com’è naturale, ho continuato a crescere e sono diventata una donna adulta e ho sentito la necessità di fare le mie scelte, non sempre in accordo con le sue, ho provato a volare con le mie ali, ho voluto costruire una mia famiglia… e lui, deluso forse dal mio “tradimento”, quando ha capito che non mi bastava più, si è sentito ferito, allontanato, rifiutato, e si è chiuso nel suo guscio.
Quando ho conosciuto tuo padre e quando mi sono trasferita a vivere con lui, a 60 kilometri dalla città dove vivevo prima, mio padre all’inizio ne è stato felice, non tanto per lui quanto per me, per la gioia che vedeva finalmente nei miei occhi. Ma poi con il tempo, ha fatto capolino in lui la consapevolezza che non sarei stata il bastone della loro vecchiaia, cosa che mi era sempre stata ripetuta per ogni giorno della mia vita, fin da quando ero ancora una bambina innocente, che non poteva comprendere il significato pesante di quelle parole. A poco a poco il suo atteggiamento è cambiato e lui ha cominciato a subire il distacco rendendosi conto ogni giorno un po’ di più, che lui e mia madre, non potevano più essere al centro della mia vita, come invece erano sempre stati e questo pensiero si è insinuato fra di noi, come un potente veleno.
Giorno dopo giorno, inconsciamente credo che una parte di lui abbia cominciato a sperare che quell’uomo, tuo padre, non mi rendesse più così felice, perché in quel caso io sarei stata di nuovo il suo soldatino obbediente e sarei tornata a vivere con loro, nella loro casa e tutto, secondo lui, sarebbe potuto essere come prima.
Ma tuo padre Tripy mi ha sempre resa felice… e per me ora “casa” ha un solo significato: è quella dove viviamo e dove presto vivrai anche tu.
Da quando sono andata via tuo nonno Tripy si è lasciato andare ed ha cominciato a invecchiare alla velocità della luce: e stato come se la mia presenza avesse rallentato il naturale processo di invecchiamento. Io ho assistito impotente al lento degenerare della vita, triste ma consapevole, che non potevo fare nulla per fermare l’inesorabile avanzamento del tempo.
Un po’ alla volta lui è cambiato, si è trasformato nell’uomo che conoscerai e che sarà tuo nonno Tripy, ma che io stento a riconoscere in quello che era mio padre.
Il nostro rapporto non è nemmeno l’ombra di quello che era: non c’è dialogo e ad essere realisti non c’è nemmeno un vero e proprio rapporto e questo mi dispiace profondamente.
Oggi sento la sua rabbia nei miei confronti e nei confronti dell’uomo che, dal suo punto di vista, mi ha portata via… vivo il suo allontanamento, vedo la sua chiusura nei miei confronti e ne sono dispiaciuta.
Vorrei poter fare qualcosa, ho provato a scrivergli una lettera, spiegandogli che avevo ancora bisogno di lui, che avrei tante cose da dirgli, ma non è servito a niente e niente è cambiato.
Oggi nei suoi occhi stanchi, vedo solo tanta stanchezza e forse anche la rassegnazione per aver condiviso la sua vita con una donna che lui ha amato molto, ma che era molto, forse troppo, diversa da lui per poterlo rendere felice, e che nel tempo è riuscita a spegnere anche la sua vena creativa, la sua vitalità e la sua energia.
Non ho deciso di dirti queste cose per rattristarti Tripy, ma solo perché vorrei che tu sapessi che il nonno che conoscerai non è il padre che ho avuto io e che avrei voluto tu avessi per nonno.
Vorrei che tu non dimenticassi mai che dietro a quell’uomo anziano, stanco, ferito e deluso, una volta c’era un grande uomo, che come tutti ha commesso degli errori, ma che è sempre stato mosso dal desiderio di renderci felici.
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