martedì 5 ottobre 2010

Un padre che non è il tuo

Ciao Tripy,
in questi lungo viaggio che abbiamo fatto insieme ti ho spesso parlato di tua nonna, nonché mia madre. Mi sono sfogata, ti ho raccontato tante cose di lei e del nostro rapporto, di come è cambiato negli anni e di come è oggi. Credo che il rapporto madre/figlia sia una delle cose più complicate da gestire.
Oggi però, vorrei parlarti di tuo nonno, ovvero, di mio padre.
Mio padre è stato un grande padre, molto presente, affettuoso e premuroso, estremamente rassicurante, giocoso ma allo stesso tempo serio e affidabile…
Se ripenso a quando ero piccola il ricordo che ho di lui è davvero invidiabile.
Lo amavo, come solo una figlia femmina sa amare suo padre, e la mattina, unico momento in cui avevo il permesso di intrufolarmi nel lettone, mentre mia madre preparava il caffè, per il solo fatto di essere da sola con lui, mi sentivo onnipotente: lui era il mio principe ed io la sua unica incontrastata principessa.
Sono cresciuta con lui accanto e questo mi ha sempre dato un’incredibile e profondo senso di sicurezza.
Per lui ero la figlia preferita, purtroppo non lo ha mai nascosto, ero il suo soldatino obbediente, che rispettava le sue regole e non si poneva domande: lui decideva io eseguivo.
Poi però, com’è naturale, ho continuato a crescere e sono diventata una donna adulta e ho sentito la necessità di fare le mie scelte, non sempre in accordo con le sue, ho provato a volare con le mie ali, ho voluto costruire una mia famiglia… e lui, deluso forse dal mio “tradimento”, quando ha capito che non mi bastava più, si è sentito ferito, allontanato, rifiutato, e si è chiuso nel suo guscio.
Quando ho conosciuto tuo padre e quando mi sono trasferita a vivere con lui, a 60 kilometri dalla città dove vivevo prima, mio padre all’inizio ne è stato felice, non tanto per lui quanto per me, per la gioia che vedeva finalmente nei miei occhi. Ma poi con il tempo, ha fatto capolino in lui la consapevolezza che non sarei stata il bastone della loro vecchiaia, cosa che mi era sempre stata ripetuta per ogni giorno della mia vita, fin da quando ero ancora una bambina innocente, che non poteva comprendere il significato pesante di quelle parole. A poco a poco il suo atteggiamento è cambiato e lui ha cominciato a subire il distacco rendendosi conto ogni giorno un po’ di più, che lui e mia madre, non potevano più essere al centro della mia vita, come invece erano sempre stati e questo pensiero si è insinuato fra di noi, come un potente veleno.
Giorno dopo giorno, inconsciamente credo che una parte di lui abbia cominciato a sperare che quell’uomo, tuo padre, non mi rendesse più così felice, perché in quel caso io sarei stata di nuovo il suo soldatino obbediente e sarei tornata a vivere con loro, nella loro casa e tutto, secondo lui, sarebbe potuto essere come prima.
Ma tuo padre Tripy mi ha sempre resa felice… e per me ora “casa” ha un solo significato: è quella dove viviamo e dove presto vivrai anche tu.
Da quando sono andata via tuo nonno Tripy si è lasciato andare ed ha cominciato a invecchiare alla velocità della luce: e stato come se la mia presenza avesse rallentato il naturale processo di invecchiamento. Io ho assistito impotente al lento degenerare della vita, triste ma consapevole, che non potevo fare nulla per fermare l’inesorabile avanzamento del tempo.
Un po’ alla volta lui è cambiato, si è trasformato nell’uomo che conoscerai e che sarà tuo nonno Tripy, ma che io stento a riconoscere in quello che era mio padre.
Il nostro rapporto non è nemmeno l’ombra di quello che era: non c’è dialogo e ad essere realisti non c’è nemmeno un vero e proprio rapporto e questo mi dispiace profondamente.
Oggi sento la sua rabbia nei miei confronti e nei confronti dell’uomo che, dal suo punto di vista, mi ha portata via… vivo il suo allontanamento, vedo la sua chiusura nei miei confronti e ne sono dispiaciuta.
Vorrei poter fare qualcosa, ho provato a scrivergli una lettera, spiegandogli che avevo ancora bisogno di lui, che avrei tante cose da dirgli, ma non è servito a niente e niente è cambiato.
Oggi nei suoi occhi stanchi, vedo solo tanta stanchezza e forse anche la rassegnazione per aver condiviso la sua vita con una donna che lui ha amato molto, ma che era molto, forse troppo, diversa da lui per poterlo rendere felice, e che nel tempo è riuscita a spegnere anche la sua vena creativa, la sua vitalità e la sua energia.
Non ho deciso di dirti queste cose per rattristarti Tripy, ma solo perché vorrei che tu sapessi che il nonno che conoscerai non è il padre che ho avuto io e che avrei voluto tu avessi per nonno.
Vorrei che tu non dimenticassi mai che dietro a quell’uomo anziano, stanco, ferito e deluso, una volta c’era un grande uomo, che come tutti ha commesso degli errori, ma che è sempre stato mosso dal desiderio di renderci felici.

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