L’arte di farsi gli affari propri appartiene a poche, squisite persone.
Poi ci sono tutti quelli che non vedono l’ora di tuffarsi nella vita altrui, forse perché insoddisfatti e annoiati dalla propria, per ficcanasare e imporre consigli non richiesti e soprattutto, non desiderati.
Questa caratteristica del genere umano spesso presente, è destinata a peggiorare rapidamente nel caso di un neonato in arrivo.
Questa è una cosa che avevo già notato e che sapevo da tempo, ma soltanto ora, a quasi un terzo della mia gravidanza, me ne sento infastidita, al punto di decidere di smettere di soccombere e di cominciare a reagire pesantemente.
La gravidanza ti cambia, non solo fisicamente ma anche caratterialmente.
Io sono diventata senza dubbio più cattiva, meno tollerante di prima, che lo ero già poco, e decisamente molto meno paziente.
Quindi il mio motto è tolleranza zero!
Non vi va bene? La porta è aperta, potete girare i tacchi e andarvene, io non trattengo nessuno e non sentirò la vostra mancanza.
Non sono disposta a subire nemmeno un minuto dei piagnistei di chi non sopporta l’attesa, qualora dovessimo scegliere di non sapere prima della tua nascita, se sarai maschio o femmina.
E meno ancora sono disposta ad accettare chi si impone dicendo “io voglio un maschio” o “io voglio una femmina”. Tu, perfetto estraneo, non vuoi un bel niente. Tu ti accontenti di ciò che viene. Perché io, per prima che sono sua madre e che ho qualche diritto più di te, voglio un figlio sano, che sia maschio o femmina interessa relativamente poco a me e a suo padre, non vedo perché debba preoccupare te che lo vedrai 3 volte in croce.
Stessa cosa riguardo al nome: se decideremo di chiamarti Genoveffa o Asdrubale, sarà solo e soltanto una scelta nostra, mia e di tuo padre, e non accetto che nessuno si permetta di dire che schifo o che peggio incominci ad elencare una serie di nomi peraltro già passati in rassegna. Del resto io, di fronte ai nomi dei figli dei miei amici non mi sono mai sentita autorizzata a proferire consigli o ad emettere giudizi. Ho accettato i nomi dei pargoli come un dato di fatto: l’Italia si chiama Italia, Rimini si chiama Rimini e un neonato si chiama “Maicol” scritto proprio “Maicol”… Che a me piaccia o no, fa poca differenza, non è mio figlio e sono giustamente i suoi genitori ad avere il diritto della scelta del nome.
Stessa cosa per la scelta dell’arredamento della tua cameretta. Se tuo padre ed io decidiamo che vogliamo farla tutta blu, oppure a pois neri su sfondo rosso, come il guscio di una coccinella, sono semplicemente affari nostri ed eventualmente, quando nascerai e crescerai, anche un pochino tuoi.
Ma tutte queste cose che dovrebbero essere non solo la base dell’educazione di un qualsiasi individuo, ma anche ovvie e scontate, evidentemente non lo sono, dato che già da tempo c’è chi si permette certi atteggiamenti abbastanza invadenti.
Purtroppo per loro però, i miei ormoni sono già in circolo, e a giudicare dalla mia nausea, direi anche parecchio in circolo… e hanno già fatto il loro lavoro.
Questo per dire che si fino a ieri la “chiarina” ha ascoltato in silenzio, mordendosi le labbra, le perle di saggezza che le venivano regalate da piccoli grandi geni, spesso senza figli… da oggi non è più disposta a mordersi le labbra e se proprio deve mordere si rivolgerà all’invadente di turno.
Quindi cari amici vicini e lontani e cari parenti, tenetevi i vostri preziosi consigli per quando madre natura farà anche a voi l’incredibile regalo di diventare genitori. In quel momento, potrete sentirvi liberi di sapere il sesso di vostro figlio e potrete finalmente esibirvi nella scelta del nome e dell’arredamento. Ma fino ad allora, vi suggerisco di rivolgere le vostre perle di saggezza altrove, perché qui non sono né gradite, né tantomeno, tollerate.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento